mercoledì 18 luglio 2007

questo luogo è un jazz-club!

Allora... questo è un blog per veri appassionati di jazz. Qui possiamo scannarci peggio che nelle diatribe calcistiche. Voglio che diate fondo, senza esclusione di colpi, a tutte le vostre risorse letterarie per convincere me e tutti gli altri della giustezza e santità delle vostre posizioni jazzistiche: preferenze, gusti, musicisti preferiti, periodi e generi, etichette discografiche, strumenti e strumentisti, ecc.
Comincio io?
Troppo facile e comodo.
Fatevi sotto.

52 commenti:

compositore ha detto...

Eccomi ... a quanto pare sono il secondo!
mah ... ehy Joe ... dici che questo è un jazz-club.
Allora, tanto per capirsi, io avrei subito due domandine facile facile:
1) cos'è un club?
2) cos'è un jazz?

Lola ha detto...

Eccomi...a quano pare sono la terza! sono la persona che senza la quale questo blog non sarebbe nulla....Scherzo Gio!!!....inizio con subito con un frase di Duke Ellington :" In genere, il jazz è sempre stato simile al tipo d'uomo con cui non vorreste far uscire vostra figlia!"....YEAH!!!!

Jay Jay ha detto...

Eccomi...a quanto pare sono il quarto! (ormai è diventato un modulo prestampato...). Che dire...tanto successo a questo blog, messo su da un gigante del jazz.
E ci metto anch'io il mio aforisma preferito:
"All you have to do is be able to feel" - Art Blakey

joe ha detto...

Concordo con Lola per quanto riguarda la definizione di Jazz: chi vive in maniera jazzistica non ha paura, si sperimenta ed è indulgente con se stesso e con gli altri, sa perdonare i propri errori e va sempre avanti nelle frontiere della conoscenza...una persona un po' pericolosa perchè non si ferma davanti alle difficoltà...anzi, non le vede proprio, le difficoltà! Per lui tutto è possibile...
Un club è un luogo dove le persone si incontrano per praticare e/o parlare di ciò che più amano. In questo caso l'argomento scelto (da me) è il Jazz, ma come ho detto "jazz" è una filosofia di vita, un modo di prendere le cose, una maniera di vivere e affrontare i problemi con relax... quindi, alla fine, si potrà parlare di tutto!
Colgo l'occasione per ricordare che la parola "jazz" nasce a New Orleans, in Louisiana, dal francese "jaser" che vuol dire "eccitare". Si può eccitare una situazione, una donna e, ovviamente, una musica. Pensare che le prime musiche a ricevere il trattamento di "eccitazione" e "riscaldamento" furono le rigide MARCE MILITARI mi fa ben sperare per quanto riguarda il futuro dell'umanità....

Mario Sabatino ha detto...

Una notte al Savoy, di Otis Ferguson (Pubblicato su The New Republic nel 1936) << Centinaia di persone (forse in una sera molto buona arrivano a 1600) sono sulla pista o sedute ai tavoli, o dinanzi al bar; lontano in un angolo, c'è una fila di taxi girls, due monetine per tre balli; dal soffitto piovono delle luci rosate e dovunque succede qualcosa. Ma il centro vitale della sala è qui sopra, sul podio, dove stanno, allineati su due file, i ragazzi dell'orchestra, che battono i piedi ritmicamente e sudano sui loro strumenti, facendo sussultare il pavimento; qui, dove la campana del sousaphone sembra una luna piena che manda i suoi bagliori sui ballerini e dove la pulsante sezione ritmica - chitarra, piano, basso e batteria - imbriglia tutta questa straripante energia costringendola a seguire il tempo. E quando gli uomini di Teddy Hill cominciano a suonare l'ultimo ritonello di un loro cavallo di battaglia intitolato Christopher Columbus, con quelle trascinanti figure disegnate dagli ottoni e coi sassofoni a dargli corpo, i ballerini si scordano di ballare e si affollano attorno al podio, e lì registrano il ritmo soltanto nei muscoli e nelle ossa, restando fermi e lasciandoselo rovesciare sulle facce rivolte all'insù, come se fosse acqua (e che il valzer sia maledetto). Il pavimento sussulta, e il locale sembra una dinamo, e l'aria fumosa si innalza a onde..... E' una musica che anche i sordi riuscirebbero a sentire >>.
Keep on swingin'

Lola ha detto...

Fino dagli inizi il jazz fu associato ai bar dei bordelli di New Orleans e questa reputazione di musica dannata non fu mai completamente dissipata. Partiamo dal 1900:La musica che sarebbe stata chiamata "jass" e poco dopo "jazz"(dal francese jaser appunto) nasce quasi certamente a New Orleans all'inizio del XX secolo. Il musicista cui è attribuito il titolo di "padre del jazz", Buddy Bolden è attivo a New Orleans nel 1904. Nel 1906 il pianista Jelly Roll Morton compose il brano "King Porter Stomp", che fu uno dei primi brani jazz a godere di vasta notorietà, e negli anni seguenti a New Orleans furono attive molte formazioni jazz: tra le più importanti, quella capeggiata da Joe King Oliver(cornettista se non erro). La parola jazz venne stampata da un quotidiano, PER LA PRIMA VOLTA SIGNORI , nel 1913, FANASTICO.

compositore ha detto...

accidenti, dimenticavo l'aforisma ....
"In un mondo senza musica, tutti i musicisti avrebbero lo stesso stipendio"

joe ha detto...

Bene, bene... qui, in qualità di promotore del blog, mi spetta cominciare a dare il benvenuto e ringraziare quanti stanno "cominciando bene": il Compositore, con questo suo bel nickname vagamente kafkiano, noto per essere più bello di me e apprezzabile per le sue doti fisiche e compositive presso il suo sito (v. profilo); la piccola grande Lola, la "figlia" con la quale un musicista di jazz è meglio non esca; il mio amico Jay Jay, che (bontà sua) mi definisce un gigante (mica so' tanto alto...); Mario, che non esito a definire uno dei più grandi divulgatori dell'estetica swing in Italia, grazie alla sua associazione, alle conferenze da lui ideate e, soprattutto, alla sua immensa capacità di ballerino di Lindy-Hop!!! Mario, ti esorto a completare il tuo profilo come ha fatto Compositore, condividendo con noi il tuo sito, la tua mail e i tuoi gusti personali. Benvenuti, gente! Raccomando a tutti di voler pubblicizzare questo blog al maggior numero di persone possibile, in modo da creare una bella e variegata comunità di jazzofili-filosofi.
Non sarà tutto rose e fiori, vi avverto! Ad esempio, mi chiedo: come mai nel 1936 un'orchestra dotata di sezione ritmica completa (chitarra, piano, basso e batteria) avrebbe dovuto comprendere in organico anche un SOUSAPHONE??? Non è un controsenso? In fondo il sousaphone (dal nome di John Philip Sousa, arcinoto compositore di celeberrime marcette d'inizio secolo) altro non è che un basso-tuba con la campana rivolta in avanti... e di solito la presenza del basso (immagino un contrabbasso, visto l'anno) ESCLUDE automaticamente la presenza di un basso-tuba! Qualcuno è in grado di provare che in quell'anno l'orchestra di Teddy Hill li avesse tutti e due??
A voi!

Lola ha detto...

Un musicista jazz potrebbe anche non uscire con me ma se ne pentirà....!!! modesta si si!!! Per quanto riguarda la domanda non saprei proprio la verità ma la prim cosa che mi viene in mente è che forse voleva dare un tocco particolare alla sua orchestra aggiungendo questo strumento per dare un tocco caldo anche....voleva essere unico , originale....sembra banale come risposta e credo che sarà anche errata...c'ho provato

compositore ha detto...

ma ... precisamente, questo Kafkian, chi sarebbe?

Jay Jay ha detto...

Scusate se pratico un intermezzo ma vorrei sapere cosa ne pensate del sommo BUBBER MILEY. Sarà che sono un maniaco del periodo "jungle" del Duca (anche perché il mio imprinting jazzistico è avvenuto con i pezzi di quel periodo: East St Louis Toodle- OO, Black and Tan Fantasy...), però la matrice "afro" di quelle incisioni è fortissima e forse ha eguali solo nell'ascesa dell'hard-bop. L'uso della quinta diminuita come "blue note" a tutti gli effetti, le sordine, la matrice blues così preponderante rende quelle esecuzioni, a mio giudizio, di un'avanguardia allucinante. Poi quell'esperienza, forse alimentata anche dalla spettacolarità che quelle atmosfere avevano al Cotton Club e che di conseguenza risentiva delle mode del momento, è andata scemando, lasciando il posto (com'è anche giusto che fosse) ad altri stili ed esperimenti...

joe ha detto...

Dài, Composito'... non ci prendere in giro... vorresti dirmi che: non sai chi era Osho, non sai cos'è un club, non sai cos'è un jazz, non sai chi era Kafka e, soprattutto, non sai che in un mondo senza musica i musicisti non lavorerebbero???
Lola: la risposta è buona, ma penso più che altro che il tocco originale l'ha voluto dare l'autore dell'articolo del 1936, con tutta quella faccenda dei riflessi sulla campana, i paragoni con la luna piena ecc. Comunque ripeto: se qualcuno può provarmi, discografie alla mano, che in organico c'era davvero un sousaphone, gliene sarò immensamente grato.
Jay Jay: bravo, bell'intermezzo! Anche perchè la figura di Bubber Miley mi riporta davvero ai tempi dei ruggenti anni venti, quando il basso-tuba dominava la "skyline" delle orchestre, biance e nere...
Non sono d'accordo sul fatto che quel tipo di atmosfera e di spettacolarità sia passato di moda: anzi! ci sono dei riferimenti insospettabili in epoche successive: il famoso film di Francis Ford Coppola "Cotton Club" non ha avuto successo solo per la (bella) presenza di Richard Gere - che tra l'altro dimostra di saper suonare la cornetta in maniera mirabile, vagamente bixiana - ma soprattutto per la scelta di riproporre il famoso locale in maniera filologica, comprese le impressionanti ricostruzioni musicali curate dal sassofonista Bob Wilber. Ma anche nel mondo della musica pop si è proceduto ad un recupero di simili atmosfere a fini schiettamente commerciali! Ad esempio, negli anni ottanta, lo spettacolare complesso di Kid Creole & The Cocoanuts riprendeva pari pari colori, suoni, abbigliamento e scenografie ispirandosi palesemente e rispettosamente ad Ellington, a Cab Calloway ed ritrovando suggestioni exotico/metropolitane (palmizi fittizi contrapposti a classici grattacieli in notturna ecc.) di grande effetto.
Bubber miley è stato un grande musicista, dotato di un enorme senso del blues e capace di piegarsi non solo all'effettismo richiesto dallo show-business, ma soprattuto a ciò che sapeva scrivere per lui il sommo (lui sì che era sommo, e lui sì che era all'avanguardia in ogni momento della sua ineguagliabile carriera creativa e professionale...)Duke Ellington. Propongo a tutti di cercare "The Blues With A Feeling", brano tipico dell'Ellington anni '20 basato su due temi: un blues, appunto, e un "feeling". Questo secondo tema è interpretato da Miley come nessuno avrebbe mai potuto, ma invito tutti a godere della bellezza intrinseca di una delle più belle e struggenti melodie di tutta la storia della musica.

Mario Sabatino ha detto...

Caro Joe,
la prova che quella notte al Savoy l'orchestra di Teddy Hill avesse un sousaphone ed un contrabbasso ti viene data dall'articolo di giornale da me citato. Chissà, magari uno dei due faceva solo finta di suonare oppure il basso-tuba serviva solo per gli effetti speciali (i bagliori e la luna piena intendo ...) oppure Mr. Otis Ferguson, stordito dall'atmosfera del Savoy e dalla potenza ritmica di quelle performance nonché distratto da una delle bellissime taxi girl, semplicemente si è sbagliato. Comunque ti ho preso alla lettera ed ho aggiornato il mio profilo con link e tutto il resto.
Visitate con moderazione il mio profilo su MySpace, potrebbe causare dipendenza, nuocere gravemente alla vostra salute mentale ed alle vostre relazioni coniugali ed extraconiugali, distruggere irrimediabilmente il vostro computer ed anche i computer dei vicini di casa o dei colleghi d'ufficio.

Jay Jay ha detto...

Ho ascoltato "The Blues with a fellin'": è stupendo... Con quell'atmosfera "sognante" e "magica" al tempo stesso, direi stile "Creole love call". La performance di Miley è, come al solito, senza commento...però sento anche Johnny Hodges, se non sbaglio, ed un trombone che identificherei istintivamente con Juan Tizol, ma sono quasi sicuro che non si tratta di lui, perché se non erro entrò nell'orchestra un po' dopo, all'epoca di "Caravan". Piuttosto mi sembra lo stesso interprete di "It don't mean a thing", peccato che non ricordo il nome...che vergogna... Comunque, tornando a Miley, sono portato a pensare che il suo unico erede nello stile "jungle" sordinato, possa essere solo Cootie Williams, che se vogliamo ha funzionato anche da raccordo con le generazioni successive ospitando diverse nuove leve nella sua orchestra. Ma quando dici che nel pezzo c'è un "feeling" dopo il "blues" sembra che ne parli come fosse una forma musicale ben precisa. E'così?

joe ha detto...

Bravo Mario, che hai aggiornato il profilo!
Caro Jay Jay, il titolo del brano è "The Blues With A Feeling", quindi va da sé che dopo un primo tema sulla struttura del blues ( 12 battute con la tipica progressione di accordi), il secondo tema non può che essere il "feeling" del titolo! Ovviamente non si tratta di una forma musicale propriamente detta, ma...dato il carattere molto meno terreno e più sognante rispetto al primo tema, Ellington stesso lo ha definito - poeticamente - così. Non bisogna dimenticare che il Duca era anche un ottimo e arguto versificatore (basta ascoltare, che so, "The Blues" tratto dalla suite "Black, Brown And Beige", con la sua stupefacente forma a piramide) e già dai titoli stessi delle composizioni forniva una vera e propria "interpretazione autentica" di ciò che, con un determinato brano, avrebbe dovuto o voluto suscitare nell'ascoltatore. Una sorta di analisi musicologica fatta direttamente dal compositore!
I campioni del "Jungle-Style"?? In effetti Cootie Williams (che si vede nella foto di Jay Jay, con la sua tipica e strana postura, la tromba praticamente appoggiata sul petto!!! - ascoltare assolutamente "Concerto For Cootie", 1940), ma anche Ray Nance dal 1941 in poi (suo il celeberrimo assolo nella prima versione di "Take The A Train", anche straordinario violinista -ascoltare la Dance n. 3 dalla "Liberian Suite del 1947 - nonchè cantante e ballerino), e senz'altro il trombonista Joe "Tricky Sam" Nanton, già con Ellington ai tempi di Bubber Miley a definire lo stile, ma di un espressionismo agghiacciante in "Chloe" del 1940. Cercate di capire come fa a creare l'effetto della voce umana... Nell'ascoltare quest'ultimo brano, prego tutti di voler apprezzare anche il sassofonista tenore Ben Webster e il drammatico arrangiamento di Billy Strayhorn.
Ciao a tutte e a tutti gli abitanti della giungla!!!

joe ha detto...

Scusate, vi lascio perchè il vostro Joe non ha il computer funzionante a casa... per cui per adesso sta curando il blog dal centro internet, e costa!
Però torno ad esortarvi: PUBBLICIZZATE QUESTO LUOGO. Mandate il link per e-mail a tutti i vostri amici veramente appassionati di jazz!!! Così, anche quando sarò in giro per lavoro o a casa malato o a corto di spicci, potrete continuare a consultarvi e/o a discutere su argomenti jazzistici... okay?? UN BACIO.

Lola ha detto...

Cavolo...!!!! ora come ora mi accorgo che del Jazz so solo un quarto di tutto quello che c'è da sapere, però di quel poco che sò ne faccio tesoro, a dire il vero mi sono iscritta quì anche per questo. Voi, maestri, insegnate a me , alunna, un bel pò di cose, per la cultura musicale , questo ed altro.Ve ne sarò molto grata.

compositore ha detto...

ok ... ora ci riferiamo a "The Blues With A Feeling" (i puffi con un filo) ... che tutti possiamo ascoltare qui:

http://www.gualandris.com/mp3_demo/
The%20Blues%20With%20a%20Feeling.mp3
(per far funzionare il link, fare copia e incolla delle due righe qui sopra mettendole una accanto all'altra nella barra degli indirizzi)

Sono un po' dubbioso sul tentativo di rendere denotativo quello che è ed è sempre stato connotativo: la musica.
Dico che è un po' pretenzioso, azzardato e forse ingenuo tentare di attribuire significati al materiale sonoro, qualsiasi genere musicale si scelga di intraprendere, dato che nella musica, è risaputo, ci può essere contenuto solo "senso" (e come tale, puramente astratto).
Questo significa che una sequenza di suoni non produce la stessa sensazione in tutti gli ascoltatori (significati diversi), ma il senso, che è un valore astratto inerente alla musica stessa, quello è conservato e non può essere tradotto in concetti che "significano", che denotano alcunché.
Aborro questo tipo di aberrazioni romantiche sui titoli e vi porgo la domanda: ma siete sicuri che l'intento fosse davvero quello?

... troppo serio vero? ... se volete torno a parlare di Kafkian :)

Lola ha detto...

si si, sei troppo serio... :-) meglio che parli di Kafkian :-P

joe ha detto...

Non è "troppo serio" ciò che hai scritto, Compositore... anzi sono felice che tu contribuisca al livello a cui mi hai abituato quando studiavi a Roma.
Allora, credo che... Ellington sia perfettamente d'accordo con te! Infatti la parola "feeling" può facilmente essere intesa come "senso", "sentimento", "impressione". Nulla di più. Egli sapeva benissimo che ogni ascoltatore fruisce del materiale sonoro in maniera tutta propria. Sono però convinto anche che il Duca avesse una deformazione "professionale", un "intento", come lo chiami tu: quello DESCRITTIVO. L'abitudine didascalica, proveniente senz'altro dalle sue esperienze al Cotton Club, nel quale egli doveva, per contratto, creare atmosfere esotiche ad uso e consumo dei ballerini e del pubblico, ma anche e soprattuto dalla sua precedente formazione di grafico e disegnatore pubblicitario, fu sempre presente nella vita e nell'opera di questo grande artista. Lo so che quando uno suona, basta la sua musica a connotarlo... ma Ellington aveva imparato a denotare, valorizzandoli presso il pubblico e anche la critica, tutti gli aspetti del lavoro proprio e dei suoi collaboratori. Parlo anche di aspetti meramente, poveramente pratici: saper presentare un solista al momento del suo assolo vuol dire anche metter in condizioni tutti, il pubblico ma anche il solista stesso, di rendere al massimo livello (ovviamente il solista sentirà una responsabilità, il pubblico si disporrà in maniera diversa all'ascolto, e tutta l'orchestra sarà orientata a fare "team" e a sorreggere, sospingere, e quindi valorizzare, il solista di turno...). La musica è un fatto pratico.
LOLA!!! Carina, che sei... ma ti prego di volerci fornire sempre le tue impressioni, di fare domande e darci dei suggerimenti!!! Ad esempio, non ci hai detto nulla sui tuoi gusti musicali, e ciò è mooooolto grave! Illuminaci: cosa ti piace di più? Che dischi ascolti, di solito??? Sei andata sul link proposto da Compositore? Ti sei scaricata i brani del 1940 (AUTENTICI CAPOLAVORI, FIDATI!) che dicevo io? Oppure qualcosa dell'orchestra di Teddy Hill? Coraggio, è così che si cresce!

joe ha detto...

Lola... ad esempio... nel tuo post precedente parli di due tra i massimi pionieri e creatori del jazz: King Oliver e Jelly Roll Morton. Ognuno dei quali aveva la sua propria orchestra, ovviamente: la "Creole Jazz Band" il primo, i "Red Hot Peppers" (senza "Chili"...) il secondo. Ascoltati qualcosa da questi due complessi, sono incisioni degli anni '20... sceglierei "Chimes Blues" del 1923 per King Oliver (con un giovanissimo Louis Armstrong alla seconda cornetta!) e "King Porter Stomp" del 1926 per Morton. Vai.

Lola ha detto...

ok capo ai suoi ordini...ascolterò tutto ciò che mi hai segnalato.....!!! thanks

compositore ha detto...

Approfittando della stasi del blog, introduco:
qualcuno può aiutarmi con aneddoti, notizie storiche, musicologiche, sui gusti musicali di Charlie "Bird" Parker, più precisamente sulla sua predilezione per Stravinsky?
E' vero che Stravinsky in persona era presente tra il pubblico al Birdland nel 1951, quando, nel secondo chorus del solo, Bird citò un passo tratto da "L'Uccello di Fuoco" (Stravinsky), suscitando una reazione di coinvolgimento in Stravinsky abbastanza inusuale per lui (forse l'effetto del Jazz-Club). Stravinsky.

Vince chi riesce per primo a contare quante volte ho scritto Stravinsky.
1° premio: un disco di Stravinsky.

Lola ha detto...

questa è davvero curiosa per quanto riguarda Parker: Il soprannome di Parker ("bird", uccello o anche "yardbird", uccello da cortile), sembra derivi dal seguente aneddoto. Parker girava per la campagna in auto assieme ai membri della sua band, quando il mezzo investì e uccise un pollo (secondo alcuni un pulcino). Parker entrò in grande eccitazione dicendo che avevano investito uno "yardbird" e di fermarsi subito. Recuperò l'animale, e alla sera fece cucinare l'uccello dal cuoco dell'albergo e con grandi cerimonie insistette perché ne mangiassero tutti. Nel 1945 Charlie Parker incontrò il sassofonista Dean Benedetti, che rimase folgorato dalla sua musica, cambiandogli letteralmente la vita.Benedetti trasformò la sua orchestra in un gruppo be bop e finì col seguire Parker a New York in ogni suo concerto e anche in ogni sua sregolatezza, incidendo i suoi assolo con un registratore portatile su vinile(da panico). È anche grazie a lui che oggi possiamo analizzare la musica di Parker, dato che Bird non mise mai per iscritto le sue idee musicali.Ringraziamo San Benedetti.di Parker sò questo...per ora. Joe, King porter stomp è fantastica mi piace è allegra...Chimes Blues ce l'avevo e me ne sono accorta ora bèh si riconosce che di king oliver. Sbaglio o tutti i brani che ha composto sono simili tra loro?

compositore ha detto...

riferito a quello che ho scritto prima ... la citazione dovrebbe comparire nel secondo chorus di "Koko".
Esiste una versione registrata nel 1951 dai live al Birdland?

joe ha detto...

Sono di nuovo tra voi... ma solo per qualche minuto, poi telo chè devo suonare a un matrimonio (non mio, mai!!!). Allora, controllerò e ascolterò i live di Parker e vi saprò dire, ne ho veramente tanti presi pure a New York, marcati Birdland ecc. spero prorpio di trovare qualcosa, e soprattutto di riconoscere la citazione indicata da Compositore.
Comunque, rimango sempre impressionato dall'aneddotica su Parker dal vivo... pare che riuscisse davvero a comunicare suonando! E a suscitare le emozioni, le reazioni e le conseguenze che voleva lui. Soprattutto con le donne.
Lola, "King Porter Stomp", che tanto ti è piaciuta in versione orchestrale, è stata incisa anche in versione "duo": Jelly Roll Morton al pianoforte e King Oliver alla cornetta! Molto insolita, ma affascinante per povertà di mezzi e ricchezza di contenuti. Idem dicasi per "Tom Cat". Sapevi, Jay Jay, di simile perle??? E a proposito di Morton, del quale sei un grande studioso ed estimatore (lo so, Jay Jay...) e di "perle"... scommetto che "The Pearls" ti fa impazzire! A me, sì, sia in versione orchestrale che in piano solo.
Scappo!

bruto ha detto...

ah,
un blog di jazz dove si parla di tuba!!
se andate sul sito http://www.caljazzdance.com/shb.html
ci trovate varie foto di band dove sul palco ci sono sia la tuba che il contrabbasso: una per tutte, quella di lunceford. all'epoca non pochi tubisti furono costretti ad imparare il contrabbasso, così sul palco spesso avevano tutti e due gli strumenti.
tubas do it better
bruto

Jay Jay ha detto...

Tornando a Nanton, a parte la semplice modulazione del suono con la sordina "plunger" ("wah-wah") stile sturalavandino mi sembra di aver visto che per ottenere l'effetto voce umana si usano anche due sordine: una fissa, mentre l'altra di tipo "plunger" che modula il suono che fuoriesce dalla prima. Giusto? Comunque qui c'è una performance di Nanton su "It don't mean a thing":
http://www.youtube.com/watch?v=Bb8BGTzxmZQ
Joe, grazie per il "grande studioso ed estimatore"...esageratamente buono!Mi hai riportato indietro ai tempi dei ruggenti "Morton Stompers", che, per chi non lo sapesse, al 99% tutti, era una band che si proponeva di suonare un repertorio proprio di quel periodo e nella quale io ho portato il mio modesto apporto trafficando con i tasti bianchi e neri. Comunque dovrei riprendere ad ascoltare i pezzi di quel periodo (Morton, Oliver, Armstrong, Bechet...)perché ultimamente li ho un po' trascurati. Torno un attimo a Cootie Williams: c'è un filmato del '64 in cui l'orchestra di Ellington suona con alcuni degli elementi storici della band (Johnny Hodges, Harry Carney) mentre ci sono già le nuove leve (Woodyard alla batteria, Gonsalves al tenore, Cat Anderson alla tromba). Insomma, a parte che l'orchestra è costretta a suonare per un gruppetto di settantenni bianchi che ballano mentre loro suonano, c'è una performance di Cootie Williams spettacolare, dove suona se non sbaglio un paio di pezzi tra cui "Tootie for Cootie" in cui lui dà prova di tutta la sua espressività con la sordina plunger riuscendo ad essere di un'intensità incredibile...Non dico altro, provare per credere:
http://www.youtube.com/watch?v=9Kkj_WeU9jU
Comunque a parte "Concerto for Cootie" (straordinario) c'è anche "Echoes of Harlem (Cootie's Concerto)" che non è da meno...

joe ha detto...

Saluto e onoro il grande BRUTO, che qui si firma Paolotto non so proprio perchè. grazie per la precisazione colta e puntuale!!!
Jay Jay: "Tutti for Cootie" che in alcuni casi si trova titolato "Tootie" è STREPITOSO! "Echoes Of Harlem" è uno di quei brani che porterei sull'isola deserta (sperando che piaccia anche all'eventuale aborigena di cui comunque andrei subito in cerca) non solo per la performance del grande Cootie - che per suono e intensità anticipa di 20 anni il miglior Miles Davis - ma anche per il meraviglioso impasto orchestrale (quel secondo tema delle ance... ah!).
Compositore: la ricerca su Parkere non ha avuto ancora inizio.
Bacioni a tutti, anzi a Tootie!

Jay Jay ha detto...

Scusate se insisto sul tema del "jungle" e delle sordine...ma vi siete mai domandati quale sia l'origine della presenza molto diffusa dell'effetto "wah-wah" nella musica afroamericana? Si parte dall'armonica utilizzata nei blues, o magari il kazoo, in cui si tende a creare quell'effetto modulando l'aria con le mani, passando per Duke ed il jungle, in cui il wah-wah si avvicina molto alla voce umana, fino ad arrivare all'era della chitarra elettrica (Jimi Hendrix faceva un uso massiccio dell'effetto wah-wah) ed al funk/acid jazz dove il wah-wah è quasi un "must". Stiamo parlando di una serie di stilemi musicali tutti afroamericani, quindi la tendenza all'uso del wah-wah deve derivare necessariamente dall'Africa...Andando all'origine, si cerca di imitare la voce umana? Il verso di qualche animale (un po' come faceva Parker)? Oppure è solo un metodo per essere particolarmente espressivi, senza necessariamente voler imitare nulla? Che ne pensate?

Jay Jay ha detto...

Ragazzi, la prima apparizione in assoluto su video di Duke Ellington:

http://www.youtube.com/watch?v=WVcJ8IKjdYo
http://www.youtube.com/watch?v=2gWAswKk5jI&mode=related&search=
http://www.youtube.com/watch?v=GUi_Wn8RSxE

(e' divisa in tre parti ed è del 1929 ; l'orchestra è la stessa che suonava al Cotton Club)

bruto ha detto...

jungle e sordine...
secondo me, perlomeno negli anni venti, nello stile jungle le sordine (come tutti gli altri "trucchi") venivano usate per imitare i versi degli animali: se giungla doveva sembrare, allora doveva essere piena di animali. secondo me tutto questo è andato via via perdendosi: la giungla si è popolata di umani, e lo stile jungle attuale si riconosce solo grazie al rullar di tamburi, non si sentono più gli animali.
saluti
bruto

Jay Jay ha detto...

Compositore, sono andato a rivedermi alcune cose sul Parker "classico" sul libro "Charlie Parker-Bird e il mito afroamericano del volo" di Gianfranco Salvatore(Stampa Alternativa) che ti consiglio vivamente di trovare nel caso non l'avessi già fatto. Comunque da p.146 a p.151 viene un po' approfondito il discorso dell'avvicinamento di Parker alla musica classica, che pare sia iniziato con lo studio di Bach, effettuato anche in collaborazione col giovane Miles Davis. Di lì poi Bird avrebbe approfondito gli impressionisti francesi studiando la letteratura sassofonistica scritta da essi (Debussy,Ravel). Poi avviene la folgorazione per Stravinskij con l'Uccello di Fuoco ma anche la Sagra della Primavera, Petrushka, il Chant du Rossignol. Sarah Vaughan racconta che "Parker era talmente fissato con Stravinskij da portarne con sé le partiture e studiarle sull'autobus durante le trasferte, per estrarne citazioni che la sera suonava nei concerti...". Sembra che prima di morire Parker avesse intenzione di dedicarsi in maniera più intensa alla composizione e pare che avesse in programma di prendere contatti con dei conservatori per instaurare delle collaborazioni: chissà cosa sarebbe uscito fuori se fosse vissuto di più...la classica Storia fatta con i "SE". Comunque, lessi da qualche parte, che quando lui e Gillespie andavano a vedere dei concerti di musica classica, dicevano di "andare in chiesa"...

joe ha detto...

Eccomi...reduce da una serie di giri in Ciociaria che è tanto bella quanto priva di internet points. Di Parker ho cercato, spulciato, ascoltato bene le registrazioni dal Birdland. Grande godimento ma niente citazioni colte, o meglio eurocolte. Altrimenti, addirittura riesce a citare (facendo un grande lavoro di analisi musicologica) la celeberrima introduzione di Armstrong in "West End Blues" (1928)schiaffandola e facendola rientrare perfettamente, quadratissima, su un normale giro di blues di 12 battute!!! Tenendo conto che da anni si dibatte su come cavolo si debba trascrivere quel capolavoro, suonato da Satchmo senza accompagnamento, RUBATO, con modulazioni metriche ecc., ecco qui Parker che semplicemente suonandola ci fornisce una chiave di lettura facile ma plausibilissima. Dovrebbe essere su "Cheryl", inizio anni 50. Mi riservo di essere più preciso. Smack!

joe ha detto...

Occhio: è uscito in italiano un libro dettagliatissimo su John Coltrane, la sua vita e le sue opere, intitolato "Blue Train", di Lewis Porter.

bruto ha detto...

l'intro di west end blues la si può trovare trascritta da gunther schuller sul suo libro "early jazz"

joe ha detto...

sì, Paolotto... la si può trovare trascritta lì, con un quintale di fantasiose quanto farraginose trovate (modulazioni metriche in testa) per trascrivere ciò che non si può trascrivere. Allora preferisco quella che sta sul Mehegan vol.2 che almeno è neutra, non pretende di ricostruire a menadito ciò che è stato suonato e come, e poi con quelle note faccio come mi pare.

bruto ha detto...

ciao joe,
so che comprenderai e perdonerai, ma ho dovuto cercare su wikipedia cos'è il Mehegan (ce ne fossero di libri così per tuba!!).
la questione allora (a cui da tempo cerco risposte convincenti) è: "tecnicamente" è possibile trascrivere in maniera univoca un pezzo jazz?
il risultato sarebbe di sicuro ben peggiore di quello che giustamente tu chiami "un quintale di fantasiose quanto farraginose trovate", ma sarebbe ciononostante "tecnicamente" possibile?

joe ha detto...

La risposta al tuo quesito è lapalissiana: NULLA di musicale è trascrivibile realmente... non c'entra, qui, il jazz. Partiamo da un presupposto: chi compone SCRIVE, non trascrive. TRASCRIVERE può attenere all'interpretazione... ma essa non si può trascrivere decentemente, tutto qui. Esempio: come si fa a trascrivere un'interpretazione di un qualsiasi brano di Debussy donata al mondo intero da Arturo Benedetti Michelangeli? Come fai a trascrivere il senso di antico, la calma, il fuoco che mette LUI nel suonare (LEGGERE) quelle pagine SCRITTE? Come fai a trascrivere la voce, l'intonazione, il timbro, le adenoidi ineffabili di Arnoldo Foà che legge un passo di letteratura?
Come fai a trascrivere l'urgenza assolutamente unica che Parker dà di una qualsiasi composizione, sua o di altri, mentre la legge col suo contralto?
Detto ciò è facile capire come, allo stesso modo, non si possa trascrivere un'assolo improvvisato... il problema non sono le note, ma il "come" quelle note vengono suonate. Ovviamente, a fini didattici, si può cercare di capire quali note sono state usate su un determinato accordo... ma è un'analisi che si fa a tavolino, per studio... un po' come quando vai a un concerto e ti porti la partitura: il gusto sta proprio, seguendo le note scritte, nell'osservare e godere dello SCOSTAMENTO dell'esecuzione rispetto alla partitura...
Marcello Rosa (noto trombonista jazz italiano) dice che si può arrivare a suonare jazz "a forza de sentì, a forza de fa', e a forza de sona' pure altre cose!" ...direi che è perfetto: ASCOLTARE un assolo più e più volte, poi FARE qualcosa di proprio, magari ispirandosi, e infine SUONARE anche altre musiche per importare nel proprio modo di suonare jazz più suggestioni possibili, e magari apprezzarne la differenza.

Jay Jay ha detto...

Bruto, sono d'accordo con te riguardo la volontà di riprodurre i suoni degli animali al Cotton Club, per mezzo dell'armamentario di sordine di cui Ellington faceva uso. Però, ripeto, credo che sotto ci sia qualcosa di più... L'effetto wah-wah è una costante in gran parte della musica afroamericana. Si potrebbe azzardare che l'intento che accomuna tutti gli stilemi e tutte le correnti sia lo stesso di Ellington al Cotton Club: imitare il verso di animali. Ma, sull'altro versante, le performance di un Cootie Williams della situazione, che diventa un tutt'uno con la sua tromba con la sordina, esprimendosi alla meglio per mezzo dell'effetto wah-wah potrebbe stare a significare un qualcosa di più... Vorrei sapere, da chi è rimasto a casa a godersi, perlomeno a Roma, queste magnifiche giornate pre-autunnali, cosa ne pensate.

bruto ha detto...

jay jay,
secondo me la tromba con la sordina va considerata come un "altro" strumento rispetto alla tromba. non tutti i bravi suonatori di tromba sono anche bravi suonatori di tromba con la sordina (e viceversa?).
in sostanza, chi riesce a esprimersi al meglio con la sordina, non è che un bravo musicista di tromba con la sordina.
da un lapalisse all'altro, mi permetto (temerario!) di ribattere a joe che dice "NULLA di musicale è trascrivibile realmente".
mia moglie direbbe "e allora cos'è tutta questa cartaccia in giro per casa?"
in "un'interpretazione di un qualsiasi brano di Debussy donata al mondo intero da Arturo Benedetti Michelangeli" ci sarà pure un po' di roba che è di debussy, o no? poi, per giustificare il soprannome, brutalmente direi che "il senso di antico, la calma, il fuoco" non le mette solo a.b.m ma anche, soprattutto (dal mio punto di vista), chi ascolta. la musica come la intendi tu, quella che non si può trascrivere, non è un prodotto solo dell'esecutore ma anche dell'ascoltatore, che deve darsi da fare per "ascoltare" il senso di antico, la calma, il fuoco ecc.ecc.
però, però, tu, da ottimo musicista dovresti essere in grado di "capire" dove e come a.b.m. sta "interpretando" (ovvero sta modificando) debussy (almeno per come lo conoscevamo prima di sentirlo eseguito da lui): hai i "ferri del mestiere" per farlo (qui ritarda, lì accelera, qui fa ppp, lì fa mf, questa nota quasi non si sente, quella lì non sapevo nemmeno che ci fosse ecc.). la questione è: tutte queste cose , per fredde, ciniche, fantasiose, farraginose, ecc. che vogliano essere possono o no essere messe su carta? il modo di scrivere la musica che conosciamo è attuale o superato (insufficiente?)
boycott double bass
bruto

Jay Jay ha detto...

Effettivamente il problema della trascrizione, quindi della resa dell'interpretazione è abbastanza spinoso...Sono d'accordo con te joe, quando esprimi le difficoltà oggettive nel "rendere" l'unicità di un'esecuzione, classica o jazz che sia, diciamo, musicali e basta. Spesso molti jazzisti rimproverano alla musica classica di non offire la stessa libertà espressiva del jazz, perché per quanto l'interprete possa essere libero di personalizzare il tocco, la dinamica (fino ad un certo punto) e magari l'interpretazione di alcuni passi di un'opera, purtroppo non può andare oltre. Questo è vero, ma non del tutto. E'poco noto, infatti, che gli stessi compositori classici, ai loro tempi, erano grandissimi improvvisatori (Bach improvvisava volentieri all'organo o al cembalo addirittura complesse fughe, Mozart intratteneva gli ascoltatori improvvisando per ore al fortepiano...). Inoltre per tutto il periodo barocco era prassi consueta improvvisare al proprio strumento, e non necessariamente "a solo" ma addirittura in pezzi orchestrali dove l'esecutore puntualmente improvvisava sui ritornelli, variava gli abbellimenti, le linee melodiche e così via. La stessa linea di basso(il cosiddetto "basso continuo") era accompagnata da numeri (come i moderni accordi!)che specificavano l'intervallo accordale rispetto al basso scritto, e chi accompagnava, un clavicembalista ad esempio, puntualmente improvvisava su quei numeri. Molti interpreti "filologici" eseguono ora quel periodo musicale tenendo conto di quello spirito. Il legame con il jazz, con lo spirito che è alla base del jazz è notevole... Perdonate la divagazione...
P.S.: Per chi l'avesse dimenticato, quest'anno ricorre il quarantennale della morte di JOHN COLTRANE.

joe ha detto...

Sarò laconico, ripetendo cio' che ho detto precedentemente: non si può trascrivere un cavolo di realmente musicale. E' però chiaro che si può SCRIVERE molta musica, comporre, immaginare ecc. Quando Paolotto dice "Debussy ci avrà pure messo qualcosa di suo" non fa altro che riaffermare la mia tesi: e cioe che la musica si può SCRIVERE ma non TRASCRIVERE. E secondo me non è nemmeno un problema di notazione musicale: semplicemente, la trascrizione di un'esecuzione (sia di roba scritta che improvvisata, non ha importanza) non ha senso - se non, ripeto, a fini didattici.
Detto ciò, vorrei cambiare un po' il gioco e proporre all'attenzione di tutti gli appassionati un quesito: qual'è il sassofonista più importante del jazz?? Io, ovviamente, ho una mia idea in merito, ma sono curioso di sentire altre campane e, magari, rivedere la mia posizione...

bruto ha detto...

provo io a rispondere.
se più importante significa che senza di lui il jazz sarebbe diverso, allora è sidney bechet: tutti gli altri sono venuti dopo di lui e dopo aver sentito suonare lui.
tra questi altri, quindi, charlie parker.
e il tubista più importante?
rispettosamente,
bruto

Jay Jay ha detto...

Il sassofonista più importante??? E' una domandona... Credo per il jazz valgano le stesse considerazioni che si potrebbero effettuare per la pittura, e, magari in estensione, per ogni forma d'arte. Il pittore più importante? Se, come dice bruto, senza il più importante ciò che è venuto dopo di lui non avrebbe subito lo stesso corso, direi Giotto. Allo stesso modo concordo nell'individuare in Bechet il sassofonista imprescindibile, magari affiancandogli Johnny Hodges. Ma si potrebbe obiettare che anche Caravaggio è stato importante (per usare un eufemismo) quindi mi verrebbe da dire che anche Lester Young ha fatto la sua parte... e così via fino ad arrivare a Parker, Coltrane Rollins, Shorter, Golson...Converrebbe utilizzare dei criteri "evoluzionistici", accettando però il fatto che molti sassofonisti, per quanto geniali, rimmarebbero fuori da questa "classifica". In questo modo in cima alla lista vi sarebbe un "fondatore", una sorta di Palestrina della situazione, ed altri venuti dopo che a loro volta sono stati punti cardine per i periodi successivi. Allora, azzardando, direi (perdonatemi le coppie): Bechet-Hodges, Young-Webster, Parker (lo spartiacque), Coltrane-Shorter, ed illuminatemi su qualche nome successivo. Ho escluso i sassofonisti free, Coleman in testa, perché non ritengo il free essere uno stile jazzistico, bensì un genere musicale a sé stante (bella provocazione...magari in seguito parliamone!)

Jay Jay ha detto...

joe, una proposta al volo: visto che stiamo per affrontare un argomento diverso, non sarebbe meglio creare una nuova voce nella pagina principale? In questo modo eviteremmo di sovraccaricare questa pagina.

Rodolfo Marotta ha detto...

Bene.
Ciao a tutti!
Arrivo qui per imparare e per vedere se val la pena lasciare il mio adorato Eros Ramazzotti per il jass...jaz...jazz o come cavolo si dice...

joe ha detto...

Benvenuto, Terrarossa! e grazie per aver paventato l'ipotesi di convertirti all'ascolto del jazz...anche se, mi sembra di capire dai tuoi blog, più che altro sei già bello illuminato di tuo. Paolotto, aiutami tu: che vuol dire che stiamo sovraccaricando la pagina?? non me ne intendo...
L'importanza di un musicista io la valuto così: quanto ha fatto e quanto ha "figliato"...

bruto ha detto...

joe,
credo voglia dire di far partire un altro argomento: questa pagina è quella dell'argomento "questo luogo è un jazz-club!", argomento iniziato a luglio, come si vede in alto a destra.
adesso suggerisce di fare un'altra pagina con l'argomento "miglior sassofonista" o giù di lì. così in alto a destra ci sarebbero due pagine su temi diversi: ciò darebbe modo inoltre di avere più argomenti di cui parlare. non so come si fa.

allora? dicci chi è il più prolifico dei sassofonisti!
rispettosamente
bruto

bruto ha detto...

m'avete rimasto solo!!

compositore ha detto...

Scusate l'assenza .. ero in giro per il mondo ... ora sono in giro per il mio mondo ... sto arrangiando.
A presto

Jazz from Italy ha detto...

"Cos'è il Jazz?
Amico, se lo devi chiedere,
non lo saprai mai".
Louis Armstrong


Il Jazz tutto, nasce come musica meticcia,
generata proprio grazie all’incontro tra persone di diversa estrazione e cultura.
È mix di saperi, voglia di scoprire, coraggio di immaginare.
È figlio “illegittimo” degli spostamenti e dei ricordi che si mischiano con la realtà,
è uno strano frutto, improvvisato e geniale,
è linguaggio sincopato che non conosce confini di appartenenza,
è quel beat che senti nella pancia.

Vi ho trovato solo ora,
ma con immenso piacere.

ti seguirò.